“I’ll see you on the dark side of the moon…”
Cosa siamo? Cosa
crediamo di essere? E cosa, invece, vorremmo diventare? Ogni giorno c’è
qualcuno che vomita modelli e stili di vita stereotipati: “Lo studente
modello”; “il marito ideale”; “La famiglia perfetta”; “L’uomo dell’anno”. E noi
tutti, fermi davanti allo specchio ad immaginarci in una o in un’altra vita;
sempre quella perfetta s’intende. E’ nel momento in cui ci sentiamo
insoddisfatti, sopraffatti da tali modelli, che tendiamo a quella
irrealizzabile, quasi folle, perfezione. Cancelliamo tutto ciò che, agli occhi
del mondo, non è compatibile con il nostro “way
of life” del momento e sotterriamo tutto ciò che appartiene all’uomo/individuo
come tale, accontentandoci di esistere piuttosto che essere. Tutto ciò che
cerchiamo di annegare, però, riemerge in qualsiasi forma. Una sorta di
boomerang. E’ nel nostro inconscio che si nasconde, nel buio pesto delle cose
dimenticate. Ogni istinto, ogni perversione, o qualsiasi altra cosa che
cerchiamo di reprimere per essere “Il lavoratore dell’anno”, “l’artista del
secolo”, “l’uomo perfetto”, si nutre delle nostre ambizioni. Quasi come un
parassita difficile da annientare, principalmente perché impossibile da vedere.
Eppure c’è. Esiste e con il tempo ti divora, rendendoti vuoto o pazzo (o anche
entrambi allo stesso tempo). Il vuoto e la pazzia faranno sì che tu sia
discriminato e alienato. Arrivato proprio in quel punto di non ritorno, forse
era meglio rallegrarsi di essere se stessi.
“There is no dark side of the moon really.
Matter of fact It’s all dark.”
(Grazie ad Alessandro Chianese per l'illustrazione) |
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