I miei lavori su ewriters

sabato 10 dicembre 2016

[dis]satisfaction

Arriva quella mattina che ti svegli apatico e vai ramingo per tutta la casa, con il sonno ancora in braccio e i capelli un po' anarchici. Arriva, si, quella mattina che ti guardi intorno e che pensi a quanto tutto sia così maledettamente disturbante. Ti nascondi, limitandoti ad osservare la tua faccia riflessa nel caffè: nera come un umore nero, ruvido e malinconico. E, tuttavia, quella mattina arriva, arriva sempre; dove ti alzi e tiri le somme: sono passati settimane, mesi o anni dall'ultima volta; non ha importanza. Sei rimasto tu da solo, i tuoi conti e i tuoi post-it sparsi per la casa, con mille note di mille notti e altrettanti giorni. Fogli sparsi così, un po' alla rinfusa, con le cose da fare, gli obiettivi da raggiungere, gli ostacoli da superare, le occasioni da non perdere. Sogni, desideri, frasi incomplete e scarabocchi.
 
Arriva sempre quella mattina in cui i conti non tornano, ma tanto lo sapevi già. Ti guardi ancora un po' attorno, poi riguardi le vecchie foto, guardi indietro e quello che trovi è solo un forte torcicollo. Allora capisci che qualcosa si è rotto, che gli ingranaggi girano male, a fatica e che tutto ciò per cui ti dai tanto fare è solo la copia della copia della copia della copia del falso originale di un'ambizione. Quella mattina arriva sempre e te la senti dentro come una lama, come un'infezione; puzza di insoddisfazione e di promesse mancate. Ah le promesse! Siamo così bravi e superficiali nel farle e così ugualmente bravi nel non mantenerle. Un po' è normale: è tutta questione di egoismo. Ma chi ci salverà dall'egoismo contro noi stessi? 
 
 

martedì 6 settembre 2016

Like the wind

Mi piacciono le persone semplici, i sorrisi naturali, i personaggi impopolari;  le strade senza uscita in estate, col caldo. 
Mi piacciono quelli che vincono sempre; quelli che sono sempre fuori luogo, quelli che non sanno niente;  quelli che "sono sempre meglio gli altri".
Mi piace il sole perché resta lì appeso per un giorno intero e poi, indifferente, cade giù. Mi piace il vento perché guida i mari, le nuvole; mi piace il vento perché è veloce ed entra ovunque. 
Mi piacerebbe essere come il vento e cambiare sempre ed essere sempre io; mi piacerebbe stare al sole e non sentirlo; accarezzare gli oceani, soffiare sulle nubi e andare via, sempre via, lontano, lontano e poi morire così, all'improvviso.  E rinascere altrove per continuare ad errare per una terra troppo piccola, tra montagne troppo fredde, attraverso orizzonti impenetrabili. 


martedì 24 maggio 2016

Rainy truth

Ombrello rotto, sotto la pioggia. Solo. Si è rotto: come quelle cose che hai tra le mani, che stringi forte e che improvvisamente lasci andare; per distrazione, per superficialità. Succede anche con i rapporti, ma in quel caso fa più male di due gocce d'acqua. A bagnarsi sono i sentimenti, che diventano lastre di vetro su cui le belle parole scivolano senza vita. Come i rimorsi. Come la mia immagine nelle vetrine spente.  Sono inciampato in una pozzanghera, affondandoci con un piede e imprecando. Ho riguardato quelle vibrazioni che riflettevano il mio volto distorto e mi sono riconosciuto in quelle curve che erano sfumature inaccettabili dei miei denti stretti,  dei sorrisi finti e delle parole mozzicate. Siamo figli delle apparenze, ne siamo il prodotto e siamo destinati a barare,  a sotterrare e a rincorrere il nostro essere misurando la profondità delle pozzanghere. Guardo in alto la pioggia che cade, lasciandomi bruciare da questa commistione di ombrelli rotti, frammenti di persone e menzogne, trasportati da nuvole cariche di umida e fastidiosa realtà.

mercoledì 17 febbraio 2016

Deuxième cercle

Nuda. Il tuo corpo brilla pallido alla luce di questa luna che osserva ammiccante il trionfo della carne a cui ci abbandoniamo. Lo facciamo per passione, per debolezza: involucri vuoti che danzano meccanicamente l'uno dentro l'altra e selvaggi, bruciamo di desideri effimeri.
Selvaggia è la società che con la sua ostentata pudicizia reprime le passioni e attanaglia gli istinti; selvaggia è questa notte in cui mi perdo tra le tue braccia, tra i tuoi seni, carico di quell'ardore che assomiglia ad un urlo in una caverna: si amplifica fino a stordire. Selvaggio sono io; come te, che affondi sotto di me, aggrappandoti invincibile alla mia schiena.
Pompa sangue il cuore e continua a pulsare fin dentro le tempie, le tue, che sento agitarsi sotto le mie mani mentre ti tengo la gola; mentre il tuo respiro pesante, ansimante, mi accarezza l'orecchio che trema come se vivesse solo per sentire quella dolce quanto irruenta melodia capace di bucare la notte. 
Il resto è solo l'altra faccia del piacere: schiaffi, morsi, unghie che penetrano la pelle e la sfrenata sete di dominio sull'altro che mi vede steso sotto di te; che ti vede in ginocchio davanti a me; che ci pervade e ci rende complici. Complici e nemici. Nemici e umani. Umani e animali. E poi di nuovo uomo e donna e di nuovo complici di questo caos di pelle, coperte e orgasmi.   

giovedì 4 febbraio 2016

Stones into the void

Un'indescrivibile senso di vuoto, come quando, appena addormentato, ti sembra di cadere giù. Una pietra che ruzzola veloce in un burrone e poi solo l'eco di una sorda caduta.  E tu, tu scivoli, rotolando in fondo a quello stesso nulla che è solo un'enorme pattumiera: carcasse di ricordi, pezzi di vita abbandonati, ombre, rimorsi e una nebbia fittissima che offusca la mente. Persi; persi nel tempo, persi nelle giornate,  persi in una illusione che, come vetro, cade, si spacca e ferisce; persi, ancora una volta, in quel maledetto taglio che ogni sera torna a far male e leccarsi le ferite, aspettando che tutto passi.
- Tanto alla fine tutto passa -
Tutto passa, a parte me, il mio sudore, il mio sangue, la fatica e la testa altrove.
- È che siamo fragili, ecco come siamo -
- Dobbiamo essere forti -
Si, tutti forti; di metallo; e freddi. Forti come un sorriso appeso a due occhi spenti, forti come l'inerzia che brucia qualsiasi iniziativa, forti come chi si prepara a tuffarsi da uno scoglio, ma poi si ferma, guarda il mare e aspetta ancora un po'. 



lunedì 4 gennaio 2016

Mirrors

Luci spente, inghiottite  dal freddo buio di quattro mura, illuminate a tratti solo da qualche piccolo scorcio di luce proveniente dalla strada. Allo specchio la mia figura si mescola al nero intermittente di questo silenzio: una sagoma quasi deforme, immobile davanti alla sua immagine. Ne studio i lineamenti, ma non mi ci rivedo. È un qualcosa di indefinito ciò che mi appare dall'altro lato; quasi inumano o animalesco; un soprammobile ingombrante in uno spazio stretto e affollato. Stretto e soffocante. Scruto quel riflesso che non mi appartiene e lui di rimando mi sorride. Sorridiamo. Forse ho semplicemente cominciato io, oppure sono proprio io. Non riesco più a comprenderlo. 
Mi avvicino allo specchio che impassibile assiste a questo teatrino a lume di fari d'auto e vedo la figura assumere le sembianze di un qualcosa di più simile a me. Ma non è me. Mi avvicino ancora; mi avvicino fino a fondermi con lo specchio; fino ad assorbire quella figura meschina e sentirla sparire dentro di me. Oppure sono stato io a scomparire. Di fatti, siamo ancora qui e fissiamo la stessa cosa, noi due; e sorridiamo. Dall'altra parte c'è qualcosa di buffo e di distorto, eppure siamo soltanto l'uno il riflesso dell'altro. Basta decidere da che lato guardare.


sabato 19 dicembre 2015

Tiptoeing

Credevi dimenticassi?  Ho solo chiuso gli occhi per un attimo e ti ho vista lì, in punta di piedi, tornare indietro; fermarti per un secondo e cercare nel vuoto di questa stanza il senso di quell'abbandono fragile e di quell'affannata ricerca che sono metafora della nostra esistenza. I profumi, gli odori, i silenzi ancora impressi sulla pelle che, fragile anch'essa, si è aperta e adesso brucia di quella realtà che ha contaminato la stessa stanza da cui ora cerchi di scappare. L'ho fatto anche io, d'altronde: si scappa sempre, il più velocemente possibile e in maniera piuttosto brusca; così tanto da ferire, senza volerlo. Lo hai provato; lo hai provato di nuovo. Ferirsi e ferirsi ancora,  fino ad impazzire dal dolore. Lo hai fatto e non vuoi più farlo. Perciò hai girato ancora un po', hai raccolto le cuffie, ti sei guardata allo specchio e hai sorriso; uno di quei sorrisi indifferenti che si sciolgono al sole. Lo stesso sole che mi ha fatto riaprire gli occhi e che ha illuminato la stanza. E tu non c'eri più.