Credevi dimenticassi? Ho solo chiuso gli occhi per un attimo e ti ho vista lì, in punta di piedi, tornare indietro; fermarti per un secondo e cercare nel vuoto di questa stanza il senso di quell'abbandono fragile e di quell'affannata ricerca che sono metafora della nostra esistenza. I profumi, gli odori, i silenzi ancora impressi sulla pelle che, fragile anch'essa, si è aperta e adesso brucia di quella realtà che ha contaminato la stessa stanza da cui ora cerchi di scappare. L'ho fatto anche io, d'altronde: si scappa sempre, il più velocemente possibile e in maniera piuttosto brusca; così tanto da ferire, senza volerlo. Lo hai provato; lo hai provato di nuovo. Ferirsi e ferirsi ancora, fino ad impazzire dal dolore. Lo hai fatto e non vuoi più farlo. Perciò hai girato ancora un po', hai raccolto le cuffie, ti sei guardata allo specchio e hai sorriso; uno di quei sorrisi indifferenti che si sciolgono al sole. Lo stesso sole che mi ha fatto riaprire gli occhi e che ha illuminato la stanza. E tu non c'eri più.