I miei lavori su ewriters

mercoledì 26 giugno 2013

Further on up the road

“I’m the passenger…”

Un’altra partenza, un altro addio, un altro tramonto alle spalle e un nuovo sole di fronte. E ancora, cuori che si sciolgono in un caffè amaro; amaro come un amore fatto di “arrivederci”, amaro come un tiro di dadi per decidere se andare o restare. Spendiamo la nostra vita in un continuo andirivieni senza sosta, in bilico tra ciò che era, ciò che potrebbe essere e ciò che sarà; tra i pochi si, i tanti no e i troppi maledetti forse. Consumiamo svegli le nostre notti per paura di sprecare il nostro tempo. Tutto è così veloce e noi siamo sempre dannatamente indietro: un popolo di eterni secondi che affogano le loro frustrazioni in un sorriso finto. Oh cara la mia luna! Tu, tu che da secoli hai l’onere di farci sognare; tu che da lassù brilli raggiante su un meraviglioso soffitto di stelle. Quante volte ti ho guardata, quante volte avrei desiderato, anche solo per un attimo, sentire il tuo abbraccio luminoso, freddo e candido allo stesso tempo. Tu che da sempre fai credere a chi ti guarda che il mondo si può cambiare se lo si vuole. Tu, ancora, ti porti la croce di guidare le nostre ambizioni e osservare i nostri fallimenti, mentre rimuginiamo a mani vuote. Riempici della tua luce, che, anche se riflessa, ci aiuta ancora a sognare.

Grazie ad Alessandro Chianese (questa volta in maniera particolare) per l'illustrazione

martedì 4 giugno 2013

The world is yours!

Caspita come cambiano velocemente le cose: oggi sei a casa tua impantofolato a rallegrarti della monotonia della tua esistenza e il giorno dopo sei su un bus, una metro o una zattera (che Dio ti benedica) a cercare fortuna chissà dove. Non possiamo che arrenderci a ciò che la provvidenza ci ha riservato, che sia l’ultimo piano di un grattacielo o l’ultimo quartiere di qualche lontano paese dell’est. Il problema più grande è che, nonostante tutto, non sappiamo qual è il menù del giorno, il piatto che ci sarà servito, né tanto meno possiamo sentirne il profumo o la sgradevole puzza. Allora che si fa? Io non riesco a stare seduto aspettando  che qualcuno mi serva il peggior piatto del secolo. Eh già. Se non si è sicuri di come andranno le cose non si pensa mai che tutto andrà per il meglio: chissà che oggi non ci facciano mangiare merda. E voi come me (ne sono sicuro). L’unico modo che abbiamo per uscire da questo tormento, è quello di guardare in alto: sperare, credere, combattere. Ogni mattina mi alzo e, lungi dal voler parafrase discorsi noti ai più, so che dovrò combattere. Ma no. Combattere con gli altri è troppo facile. Relativamente. Forse. In ogni caso, la lotta più dura da affrontare è quella con sé stessi. Ci vuole coraggio anche solo a guardarsi allo specchio e sapere che ciò che si fa, lo si sta facendo con la giusta voglia, la giusta tenacia e soprattutto con la giusta motivazione. Ogni mattino è una strafottutissima interrogazione: in palio non c’è un 10 o un 30 (o anche quello magari), ma qualcosa in più. C’è che se sai di voler ciò per cui stai lavorando, studiando, ambendo o rincorrendo in ogni modo, allora tutto ti arriverà. Qui si parla di speranza, è ovvio. Ed è ovvio che, tuttavia, probabilmente nella migliore delle ipotesi non avremo mai ciò per cui, con tanto fervore, ogni mattina andiamo a prendere a testate lo specchio. Allora sarà colpa dello stato, dell’università, delle opportunità mancate, degli interventi non fatti e di quelli che, porca troia, vorresti fare. E ti senti soffocare da questa ingiustizia, da questo scarabocchio che è stato fatto sulla tela della tua esistenza da qualche pazzo mendicante che si rifugia chissà dove. A prenderlo quello! Tanto vale continuare a lavorare e guardare le stelle, speranzosi che quello che oggi ci sembra uno scarabocchio sia semplicemente un quadro astratto di valore inestimabile.

Grazie ad Alessandro Chianese per questa illustrazione



domenica 2 giugno 2013

We're burning down the clock

Lo sappiamo tutti che il concetto di tempo è qualcosa di relativo: le attese spesso sembrano interminabili e ciò che ci fa stare bene si affretta a scomparire. A questo punto non è la stessa felicità un concetto relativo? E la vita allora? Gli amici, gli amori, i giochi e le serate passate a far baldoria in un attimo diventano polvere. Fiuh. Un’istantanea, un semplice ricordo. Non puoi fare nulla per fermare il ciclo degli eventi e tutti i tuoi vani sforzi ti torneranno indietro al pari di un’onda che si infrange sul più fragile dei castelli di sabbia. Quello siamo noi. E a ogni tentativo di riemergere dalle ondate dei ricordi che ci erodono nella maniera più crudele, non possiamo far altro che stare fermi lì, impotenti, con un sorriso spento ed un senso di amarezza nel cuore.

Grazie ad Alessandro Chianese per l'illustrazione