Caspita come cambiano velocemente
le cose: oggi sei a casa tua impantofolato a rallegrarti della monotonia della
tua esistenza e il giorno dopo sei su un bus, una metro o una zattera (che Dio
ti benedica) a cercare fortuna chissà dove. Non possiamo che arrenderci a ciò
che la provvidenza ci ha riservato, che sia l’ultimo piano di un grattacielo o l’ultimo
quartiere di qualche lontano paese dell’est. Il problema più grande è che,
nonostante tutto, non sappiamo qual è il menù del giorno, il piatto che ci sarà
servito, né tanto meno possiamo sentirne il profumo o la sgradevole puzza.
Allora che si fa? Io non riesco a stare seduto aspettando che qualcuno mi serva il peggior piatto del
secolo. Eh già. Se non si è sicuri di come andranno le cose non si pensa mai
che tutto andrà per il meglio: chissà che oggi non ci facciano mangiare merda.
E voi come me (ne sono sicuro). L’unico modo che abbiamo per uscire da questo
tormento, è quello di guardare in alto: sperare, credere, combattere. Ogni
mattina mi alzo e, lungi dal voler parafrase discorsi noti ai più, so che dovrò
combattere. Ma no. Combattere con gli altri è troppo facile. Relativamente.
Forse. In ogni caso, la lotta più dura da affrontare è quella con sé stessi. Ci
vuole coraggio anche solo a guardarsi allo specchio e sapere che ciò che si fa,
lo si sta facendo con la giusta voglia, la giusta tenacia e soprattutto con la
giusta motivazione. Ogni mattino è una strafottutissima interrogazione: in
palio non c’è un 10 o un 30 (o anche quello magari), ma qualcosa in più. C’è
che se sai di voler ciò per cui stai lavorando, studiando, ambendo o
rincorrendo in ogni modo, allora tutto ti arriverà. Qui si parla di speranza, è
ovvio. Ed è ovvio che, tuttavia, probabilmente nella migliore delle ipotesi non
avremo mai ciò per cui, con tanto fervore, ogni mattina andiamo a prendere a
testate lo specchio. Allora sarà colpa dello stato, dell’università, delle
opportunità mancate, degli interventi non fatti e di quelli che, porca troia,
vorresti fare. E ti senti soffocare da questa ingiustizia, da questo
scarabocchio che è stato fatto sulla tela della tua esistenza da qualche pazzo
mendicante che si rifugia chissà dove. A prenderlo quello! Tanto vale
continuare a lavorare e guardare le stelle, speranzosi che quello che oggi ci sembra
uno scarabocchio sia semplicemente un quadro astratto di valore inestimabile.
|
Grazie ad Alessandro Chianese per questa illustrazione |