I miei lavori su ewriters

sabato 24 agosto 2013

Like a rolling stone

Siamo solo il semplice prodotto di reazioni chimiche miste a sensazioni...e sangue...e cervello...forse. Passiamo le nostre giornate a immaginare il nostro futuro. Un giorno vorresti essere qui, un altro lì, magari diventare questo o quello. Ah il futuro, che maledizione! Quotidianamente a ingegnare qualcosa di nuovo; qualcosa che tanto, domani si sa, diventerà una pessima idea (ma quando ho pensato di scrivere queste cose?!). Cassetti ormai ricolmi: ci mettiamo troppi sogni, troppe speranze; ci agitiamo troppo e spesso inutilmente, per la semplice paura che il mondo possa decidere se e quando toglierci tutto. Forse abbiamo le ore contate e non lo sappiamo neanche. Ma continuiamo a progettare a immaginare, a pensare. Siamo noi i fautori di quel destino che, beffardo, troppo spesso, si trasforma in una triste ampolla per i pesci rossi.

   

mercoledì 24 luglio 2013

Innervision

Scaraventare via tutti i miei fogli: questo vorrei.  Andare via, lontano, senza sapere dov’è che il mio viaggio si arresterà. Nessun malessere. Forse un certo senso di ribellione; sicuramente una ricerca introspettiva. E’ quando non sai dove stai andando che hai l’opportunità di ritrovare ciò che pensavi di aver perso. Tutte le cose più care, le emozioni, le esperienze e le paure. Tutte lì. Ferme e immobili a scrutarti e ad accompagnarti durante il cammino. E’ per esse che siamo ciò che siamo: uomini o donne; audaci o vigliacchi; gloriosi o miserabili. Questo è l’unico bagaglio di cui ho bisogno. La meta, beh, quella chi la può conoscere? Seguiamo le stelle vecchio mio, in fin dei conti ognuno di noi si è già perso a modo suo.

Grazie ad Alessandro Chianese per l'illustrazione

giovedì 4 luglio 2013

Blank page

“Immaginiamo che un individuo viva due periodi, 0 e 1…”

Maledetto foglio bianco, condanna per chi ha tanto da dire, benedizione per chi non saprebbe neanche come riempirlo. I pensieri sono più veloci dei razzi e altrettanto potenti possono tornarti contro. Maledetto. Eppure quante gioie, quante speranze può nascondere uno stupido foglietto: una lettera di ammissione all’università che sognavi, una pagella, la vincita di un concorso, o chissà che. Quanto si può essere disperati a parlare con un foglio? E se fossimo solamente dei sognatori? E se davvero riuscissimo a trasformare questo foglio in una nave, un aereo, ma che ne so, una navicella spaziale? Dritti nello spazio! E chi ci prenderebbe più?! Maledetto foglio: troppe volte impari come riempirlo e tutte le volte non è mai il modo giusto. Ma si, perché non scrivi bene, perché hai una brutta calligrafia, perché il contenuto è povero, perché, si, tutti noi siamo poveri. Poveri di conoscenze, di passioni, poveri di amore. Amore! Che parolone… e se scrivessi una lettera d’amore su questo foglio?


Così passiamo le nostre giornate, così ci consumiamo più veloci di questo foglio bianco. Maledetto.

Grazie ad Alessandro Chianese per l'illustrazione

mercoledì 26 giugno 2013

Further on up the road

“I’m the passenger…”

Un’altra partenza, un altro addio, un altro tramonto alle spalle e un nuovo sole di fronte. E ancora, cuori che si sciolgono in un caffè amaro; amaro come un amore fatto di “arrivederci”, amaro come un tiro di dadi per decidere se andare o restare. Spendiamo la nostra vita in un continuo andirivieni senza sosta, in bilico tra ciò che era, ciò che potrebbe essere e ciò che sarà; tra i pochi si, i tanti no e i troppi maledetti forse. Consumiamo svegli le nostre notti per paura di sprecare il nostro tempo. Tutto è così veloce e noi siamo sempre dannatamente indietro: un popolo di eterni secondi che affogano le loro frustrazioni in un sorriso finto. Oh cara la mia luna! Tu, tu che da secoli hai l’onere di farci sognare; tu che da lassù brilli raggiante su un meraviglioso soffitto di stelle. Quante volte ti ho guardata, quante volte avrei desiderato, anche solo per un attimo, sentire il tuo abbraccio luminoso, freddo e candido allo stesso tempo. Tu che da sempre fai credere a chi ti guarda che il mondo si può cambiare se lo si vuole. Tu, ancora, ti porti la croce di guidare le nostre ambizioni e osservare i nostri fallimenti, mentre rimuginiamo a mani vuote. Riempici della tua luce, che, anche se riflessa, ci aiuta ancora a sognare.

Grazie ad Alessandro Chianese (questa volta in maniera particolare) per l'illustrazione

martedì 4 giugno 2013

The world is yours!

Caspita come cambiano velocemente le cose: oggi sei a casa tua impantofolato a rallegrarti della monotonia della tua esistenza e il giorno dopo sei su un bus, una metro o una zattera (che Dio ti benedica) a cercare fortuna chissà dove. Non possiamo che arrenderci a ciò che la provvidenza ci ha riservato, che sia l’ultimo piano di un grattacielo o l’ultimo quartiere di qualche lontano paese dell’est. Il problema più grande è che, nonostante tutto, non sappiamo qual è il menù del giorno, il piatto che ci sarà servito, né tanto meno possiamo sentirne il profumo o la sgradevole puzza. Allora che si fa? Io non riesco a stare seduto aspettando  che qualcuno mi serva il peggior piatto del secolo. Eh già. Se non si è sicuri di come andranno le cose non si pensa mai che tutto andrà per il meglio: chissà che oggi non ci facciano mangiare merda. E voi come me (ne sono sicuro). L’unico modo che abbiamo per uscire da questo tormento, è quello di guardare in alto: sperare, credere, combattere. Ogni mattina mi alzo e, lungi dal voler parafrase discorsi noti ai più, so che dovrò combattere. Ma no. Combattere con gli altri è troppo facile. Relativamente. Forse. In ogni caso, la lotta più dura da affrontare è quella con sé stessi. Ci vuole coraggio anche solo a guardarsi allo specchio e sapere che ciò che si fa, lo si sta facendo con la giusta voglia, la giusta tenacia e soprattutto con la giusta motivazione. Ogni mattino è una strafottutissima interrogazione: in palio non c’è un 10 o un 30 (o anche quello magari), ma qualcosa in più. C’è che se sai di voler ciò per cui stai lavorando, studiando, ambendo o rincorrendo in ogni modo, allora tutto ti arriverà. Qui si parla di speranza, è ovvio. Ed è ovvio che, tuttavia, probabilmente nella migliore delle ipotesi non avremo mai ciò per cui, con tanto fervore, ogni mattina andiamo a prendere a testate lo specchio. Allora sarà colpa dello stato, dell’università, delle opportunità mancate, degli interventi non fatti e di quelli che, porca troia, vorresti fare. E ti senti soffocare da questa ingiustizia, da questo scarabocchio che è stato fatto sulla tela della tua esistenza da qualche pazzo mendicante che si rifugia chissà dove. A prenderlo quello! Tanto vale continuare a lavorare e guardare le stelle, speranzosi che quello che oggi ci sembra uno scarabocchio sia semplicemente un quadro astratto di valore inestimabile.

Grazie ad Alessandro Chianese per questa illustrazione



domenica 2 giugno 2013

We're burning down the clock

Lo sappiamo tutti che il concetto di tempo è qualcosa di relativo: le attese spesso sembrano interminabili e ciò che ci fa stare bene si affretta a scomparire. A questo punto non è la stessa felicità un concetto relativo? E la vita allora? Gli amici, gli amori, i giochi e le serate passate a far baldoria in un attimo diventano polvere. Fiuh. Un’istantanea, un semplice ricordo. Non puoi fare nulla per fermare il ciclo degli eventi e tutti i tuoi vani sforzi ti torneranno indietro al pari di un’onda che si infrange sul più fragile dei castelli di sabbia. Quello siamo noi. E a ogni tentativo di riemergere dalle ondate dei ricordi che ci erodono nella maniera più crudele, non possiamo far altro che stare fermi lì, impotenti, con un sorriso spento ed un senso di amarezza nel cuore.

Grazie ad Alessandro Chianese per l'illustrazione

martedì 7 maggio 2013

Rollercoaster

Il mondo è pieno di gente strana. In realtà, forse è pieno di gente e basta. E’ all'ordine del giorno conoscere persone nuove, andare al bar con vecchi amici ed, in generale, avere dei rapporti sociali di ogni tipo. “L’uomo è un animale sociale”. Ma talvolta si sente il bisogno di stare lontani da tutti. Soli con sé stessi, preferendo la solitudine ad un affollato nulla. Eh beh si, perché, si sa, non sempre essere circondati da amici o comunque da persone fa bene e sempre più spesso i discorsi sfumano nel grigio della monotonia o delle formalità, dei finti sorrisi o delle frasi fatte, trasformandosi, di fatti, in un semplice nulla. Sarà per questo motivo che unica fuga è quella di chiudersi nel proprio, di mondo. La scrittura, la lettura, la musica o semplicemente la riflessione sono le forme più gettonate per scappare dalle routine che affliggono la nostra generazione (probabilmente non siamo la prima generazione a soffrire di questo malessere, ma poco importa). Ogni tanto ti verrebbe di buttare il cellulare o di spaccare il portatile perché semplicemente vuoi staccare la spina e disconnetterti dal mondo intero; entrare nel tuo e rimanerci, lasciando, anche con un certo egoismo, che gli altri si fottano. Sei tu il padrone e al tempo stesso l’unico utente della tua giostra. Ed è divertente continuare a girare e girare, tenendosi forte ai propri pensieri, dando sfogo alle proprie fantasie, rigettando in maniera quasi infantile i doveri, gli oneri e i rapporti con l’esterno. Non c’è nulla di male in fondo: essere padroni del proprio mondo. I ricconi miliardari comprano delle isole pur di sentirsi appagati in questo senso. Eppure, è palese la relazione che c’è tra le due realtà. Senza il mondo reale non avremmo un nostro mondo introspettivo. D'altronde, non avremmo bisogno di una stanza buia e isolata se là fuori, alla luce di una splendida giornata, non ci fosse qualcosa che ci turba. Ogni pezzo della giostra è semplicemente una sorta di proiezione inversa di ciò da cui scappiamo. Ciò che non vogliamo vedere o semplicemente ciò che non abbiamo il coraggio di cambiare. E la giostra, il lunapark, il cazzo di mondo che vi pare, è tanto più grande quanto maggiore è il numero delle cose da cui ci allontaniamo, delle persone da cui scappiamo e degli affari che rimandiamo. Per quanto possa far bene crearsi un proprio mondo, però, talvolta sarebbe meglio uscire da quella stanza buia, spalancare porte e finestre e dimostrare che possiamo essere padroni di entrambi.


Grazie ad Alessandro Chianese per questa illustrazione